La città di Mantova ha celebrato il 25 Aprile, in occasione del 75°anniversario della “Festa della Liberazione”. Viste le attuali misure straordinarie di contenimento dell’emergenza epidemiologica, che limitano la possibilità di aggregazione, le tradizionali manifestazioni si sono svolte senza la presenza del pubblico. Per evitare l’assembramento anche delle autorità e di formazioni militari o di associazioni combattentistiche, in città si è svolta una breve cerimonia ai giardini di viale Piave alla presenza solamente del sindaco di Mantova Mattia Palazzi, del presidente dell’Anpi provinciale Luigi Benevelli e del presidente della Comunità ebraica mantovana Emanuele Colorni.
Nessun discorso pubblico, quindi, ma un momento di silenzio davanti alle tre corone, collocate appositamente per la manifestazione, di Comune di Mantova, Prefettura e Regione Lombardia, oltre al Gonfalone del Comune, presso il Monumento alla Resistenza. La cerimonia è proseguita in via Govi davanti alla Sinagoga. Anche qui presenti corona e Gonfalone del Comune di Mantova. Anche in questo caso le tre autorità hanno fatto un momento di silenzio chiuso da lo “Shalom” di Colorni.
Inoltre, nella mattinata, il Comitato Provinciale dell’Anpi di Mantova ha “onorato” alcuni monumenti, lapidi e luoghi di particolare valore simbolico per la Resistenza mediante la deposizione di un omaggio floreale. Nella città di Mantova, quindi, oltre che nei giardini di viale Piave e in Sinagoga, sono stati posati dei fiori in piazza Tolazzi a Cittadella, in piazza Martiri di Belfiore presso la lapide Giuseppina Rippa, presso la Colonna per Don Leoni sul Lungolago Belfiore, in piazza Don Leoni per il Capitano Marabini, presso i capannoni di San Nicolò in memoria dei detenuti militari nel lager, in via Mario Cardone e presso la Lapide degli Internati nei lager al Cimitero.
Di seguito il messaggio del sindaco Palazzi alla città in occasione del 25 Aprile
"Cari Mantovani, care Mantovane. Quando la dittatura nazifascista cadde, grazie alla potente spinta delle truppe alleate, dei gruppi partigiani e dei cittadini del nostro paese, sì aprì una nuova pagina nel futuro dell’Italia finalmente liberata. L’Italia stessa si dimostrò capace di ricostruire sopra le macerie, di rinnovare in modo efficace le proprie istituzioni, di aprirsi a una democrazia ampia e condivisa che fece giustizia di tanti anni di oppressione, di intolleranza e di controllo burocratico nella società corporativa fascista.
Energie enormi si sprigionarono unendo la forza della gioventù alla saggezza di chi aveva sempre combattuto il totalitarismo, anche nell’idea di una diversa prospettiva dell’Europa, finalmente affrancata dalle guerre che per secoli l’avevano tormentata. Fu un momento glorioso, reso possibile dal sacrificio di molti. Questa data che ogni anno onoriamo si dimostra ancora più significativa oggi.
Oggi, la pandemia percorre e sconvolge tutte le nazioni del mondo, colpendo in modo così grave la nostra Italia e in particolare la Lombardia, che purtroppo ancora annunciano nei loro elenchi i caduti e la lunga teoria dei contagi. Al morbo e alla distruzione si oppone la volontà di tanti, impegnati in un lavoro silenzioso, giorno dopo giorno. Pensiamo ai medici, agli infermieri, a tutto il personale sanitario, ma non solo. Pensiamo a chi si adopera per far sì che i servizi essenziali vengano preservati, che la nostra economia non scompaia, che i prodotti fondamentali fra cui i farmaci e il cibo riescano a essere distribuiti nelle nostre case.
Di nuovo, come tanti anni fa, c’è un popolo dietro a questo sforzo immane, un popolo che ubbidisce alle regole, che ha scelto di contrastare il virus attraverso un saggio distanziamento. Ma che tuttavia non ha messo di sperare. E che cerca di scacciare la paura. Siamo colpiti dall’intensità delle celebrazioni religiose di una Pasqua immota, afflitti da scene strazianti che mai avremmo voluto vedere, persuasi dalla determinazione di chi progetta la cura, nonostante la ricerca in Italia sia stata per troppo tempo una disciplina dimenticata, un settore dove tagliare risorse, nella stupidità di una contabilità miope e priva di futuro. Non abbiamo ancora il vaccino, ma l’intero paese resiste. Certo, in modo completamente diverso rispetto ai partigiani che difendevano l’Italia nelle ultime giornate della Seconda Guerra Mondiale. Ma qualcosa di comune c’è. Vediamo infatti uno stesso spirito libero che si oppone agli orrori, nati dalla ferocia degli aguzzini o da mutazioni genetiche infauste. Vedete, una frase mi ritorna alla mente. L’umanità è la prima regola e la nostra bussola. Rispetto dell’umanità significa innanzitutto comprensione degli avvenimenti, scienza, studio delle dinamiche sociali e in questo caso delle dinamiche epidemiche. Ma significa anche il desiderio che ciascuno ha nel cuore di contribuire in qualche modo, anche minimo, a questo confronto che davvero ci impegna tutti e che deve consegnare a tutti un’Italia cambiata, più giusta, ovviamente più efficiente e ancora più giusta per quanto riguarda la nostra salute. Dobbiamo donare alle nuove generazioni un’Italia in cui chi si ammala, di qualsiasi malattia, abbia un luogo dove andare qualunque sia la sua età. Abbia una persona a cui prontamente rivolgersi. Come dobbiamo conservare la spregiudicatezza e l’intelligenza della gioventù, dobbiamo anche proteggere il buon senso, la ragionevolezza e l’esperienza dell’età matura, costruendo difese che impediscano per sempre questi decessi soffocati, questi mancati saluti fra i congiunti più prossimi, questa disperazione.
Tutto quel che accade ora non sarà mai più dimenticato. Siamo giunti davvero ad un tornante fondamentale della nostra storia, della storia del mondo. Dobbiamo avere la consapevolezza che soltanto uniti e più saggi potremo procedere nella nostra vita rispettando l’ambiente, coltivando il sapere, irrobustendo la sanità pubblica, adottando comportamenti prudenti e rispettosi, ritornando dunque a quella parola che abbiamo appena pronunciato. Umanità. Il nostro frutto più prezioso è infatti la carezza che una madre dà al suo bambino, lo sguardo del nonno rivolto al nipote, l’insegnamento che viene dalla memoria. La forza d’animo che ci soccorre si ottiene pronunciando una parola semplice: resistenza. Resistenza non indica soltanto un orizzonte politico, segna il rapporto tra le persone e la realtà. Resistere non significa semplicemente opporsi. Significa essere saldi nelle proprie convinzioni fondamentali, quelle che la Carta dei diritti umani e la Costituzione italiana disegnano sapendo bene che la libertà di ognuno non può prescindere dalla libertà degli altri. C’è un modo per operare scelte collettive giuste, c’è un modo per unirsi ad una schiera. Un tempo l’Italia ha combattuto usando i suoi cuori e i suoi ingegni migliori contro l’arroganza e la tirannia, contro il criminale incubo di pochi.
Oggi, dobbiamo superare le avversità che il difficile intreccio contemporaneo di esistenze, di modi di vita diversi fra loro ci propone. Non è sbarrando la strada, non è creando confini, non è alzando muri che noi ci proteggeremo. Praticando una maggiore solidarietà degli uni verso gli altri impareremo a far tesoro del dramma attuale. Per essere degni delle nostre madri, dei nostri padri, delle nostre nonne, dei nostri nonni, per essere certi che la strada intrapresa sia quella giusta. Abbracciamoci dunque idealmente ora, consapevoli che questo istante è fondamentale per ciascuno. Sapendo che ogni persona va salvata, avendo certezza che il futuro si costruisce nel presente. Per questo restiamo vigili, per questo conserviamo la memoria, per questo festeggiamo ancora oggi questo strano, terribile, eppure indimenticabile 25 aprile". Mattia Palazzi, Sindaco di Mantova