Qualità in Comune
I Luoghi
Proprietà privata, accessibile su richiesta
{gallery}gallerygiardini/16{/gallery}
Foto Luigi Briselli
All’interno del territorio del comune di Gonzaga, nella frazione di Palidano, piccolo centro adagiato sulla riva destra del Po Vecchio che conserva ancora caratteri prevalentemente rurali, si trova Villa Maraini-Guerrieri Gonzaga che, eretta nel corso della seconda metà del XVIII secolo quale luogo di villeggiatura della famiglia Zanardi, è l’esito formale di un’importante e profonda campagna di trasformazione della più antica corte del Palidano, dal punto di vista economico una tra le più importanti corti gonzaghesche.
La villa, giunta per via ereditaria ai Guerrieri e quindi ai conti Maraini, nel 1998 fu acquisita da una società immobiliare che avviò un importante intervento di restauro, conclusosi nel 2008.
Immersa in un secolare parco di querce, ippocastani, tigli, faggi e platani, il complesso oggi ospita un’importante struttura ricettiva per eventi, cerimonie, convegni e meeting, ed è costituita dal corpo d'ingresso con torre campanaria di sapore bibienesco, rustici, magazzini, il suggestivo fienile a diciassette occhi che già caratterizzava l’impianto dell’antica corte e il corpo padronale dalla configurazione planimetrica a L, dove la grande sala d’ingresso quadrangolare, costituisce l’ingresso monumentale da piazza Sordello e affaccio privilegiato sul grande parco, tangibilmente rapportato alla villa anche nelle decorazioni classicheggianti della fine del XVIII secolo a siepi e arcate vegetali e scorci di giardini formali che ne disegnano le pareti.
Il complesso è, infatti, caratterizzato da un articolato sistema di spazi verdi che sorgono sul sedime delle aree verdi della più antica corte; in particolare l’ampio parco che si sviluppa sul retro della villa si estende su un’ampia area quadrangolare che conserva elementi del più antico brolo gonzaghesco e del successivo giardino d’impianto settecentesco, come il lungo viale centrale, asse principale perfettamente allineato al grande salone d’ingresso della villa; a esso si uniscono viali trasversali e perimetrali che definiscono un disegno ripartito in ampie aree quadrangolari variamente articolate al loro interno, oltre le quali, in uno spiazzo dall’impianto ellittico si erge un tempietto/belvedere dai caratteri neoclassici, posto all’interno del boschetto, che caratterizza la parte terminale del giardino.
(tratto da C. Bonora Previdi, Il giardineto, l’orto e il brolo della Ccorte del Palidano, poi giardino di Villa Maraini-Guerrieri Gonzaga, oggi Villa Alessia, in I giardini dei Gonzaga 2018, pp. 233-237)
Proprietà privata, accessibile
{gallery}gallerygiardini/48{/gallery}
Foto Luigi Briselli
All’interno del Parco Regionale del Mincio, nella vasta area posta negli immediati dintorni settentrionali di Mantova, caratterizzata da terreni coltivati e prati irrigui punteggiati da numerose e interessanti corti di antica formazione e da ville edificate tra il XVIII e XIX secolo, lungo la SS 236, che consente di raggiungere la località di Marmirolo, si incontra il gonzaghesco Bosco della Fontana. Riserva naturale orientata, gestita dal Corpo Forestale dello Stato, esso costituisce una eccellenza naturalistica di assoluta importanza in quanto raro e prezioso lacerto di foresta planiziale caducifoglia, a carpino e quercia, che un tempo si estendeva su gran parte della pianura padano-veneta e che all’epoca dei Gonzaga, con un'estensione di circa duemila ettari, 'collegava' gli abitati di Goito, Soave e Marmirolo. Oggi il bosco si estende su una superficie di 233 ettari e nell’impianto presenta piazzole circolari, collegate da sistemi di viali radiali secondo il disegno risalente alla metà del XVIII secolo. Al suo interno si conserva ancora la singolare palazzina commissionata alla fine del XVII secolo dal duca Vincenzo I Gonzaga al cremonese Giuseppe Dattaro e portata a compimento da Anton Maria Viani. Luogo di svago e rappresentanza, l’edificio è caratterizzato da una impostazione planimetrica rettangolare con torri angolari circolari e da un grande loggiato centrale tripartito sormontato da un timpano che ne caratterizza il prospetto. Alla palazzina, circondata da un fossato concepito come peschiera, era strettamente connesso un giardino che si trovava proprio «adirimpeto al detto palazzo con scalinate di marmore, balaustri tavole di marmore, et una fontana nel mezo del giardino qual giardino è tutto al ordine, con pergole, fiori, stradoni, et frutti di diversi sorti». Di questo spazio oggi rimangono, assieme all’ampio sedime, i resti di una colonna centrale e la vasca quadrilobata della fontana in pietra, ornata con statue di divinità marine, eretta su una risorgiva naturale, che diede il nome all’edificio e al barco.
(tratto da C. Bonora Previdi, Il giardino della Palazzina di caccia del Bosco della Fontana, in I giardini dei Gonzaga 2018, pp. 361-364)
Proprietà privata, accessibile su richiesta
{gallery}gallerygiardini/40{/gallery}
Foto Claudia Bonora Previdi
Ai margini dell’antico quartiere di San Leonardo, zona che ancora oggi conserva un carattere di aristocratico isolamento, accanto alla maestosa e solenne facciata di Palazzo Cavriani, sorprende l'altrettanto imponente prospetto della sede degli Istituti Geriatrici monsignor Arrigo Mazzali. Allo sguardo di un attento osservatore, la facciata rivela ancora lacerti pittorici a motivi geometrici e più in generale il palazzo conserva i caratteri dell'antico impianto a U, in origine sviluppato attorno a un elegante cortile loggiato e collegato a un ampio giardino interno, «la cui bellezza io già scriver non oso» affermava nel 1586 Raffaello Toscano, caratterizzato dalla presenza di una peschiera, elemento che ebbe un ruolo fondamentale nella storia dell'intero complesso, e probabilmente, secondo il gusto e la moda del tempo, da un disegno geometrico con una ripartizione delle aiuole completata, oltre che da fiori, alberi e siepi, da numerosi vasi in pietra grandi e piccoli di limoni, anaranzi, cedri, giazzomini di spagna e garofali.
Di origine bonacolsiana il palazzo, noto come Casa Gonzaga o dell'Abate, entrò a far parte del patrimonio dei Gonzaga di Mantova per poi passare, all'inizio del Seicento, ai Gonzaga di Luzzara che ne mantennero la proprietà per circa due secoli, fino a quando nel 1838 fu acquistato dalla famiglia Cavriani e da questa venduto, nel 1885, al Comune di Mantova che lo destinò a sede del Ricovero Municipale. Il cambio di destinazione d’uso portò a numerosi interventi di adeguamento e trasformazione funzionale che ne modificarono in parte l’assetto.
Dell’ampio giardino, documentato fin dal 1545 e per secoli immutata caratteristica di Casa Gonzaga, oggi si possono leggere alcuni tratti dei limiti confinari e del sedime che in parte mantiene approssimativamente l’originaria destinazione. Sul retro del palazzo si apre, infatti, un’ampia area verde che per disegno ed estensione è il risultato di più recenti ampliamenti: una superficie costituita dal sedime del vecchio cortile, racchiuso tra i corpi laterali dell’impianto a U del palazzo; dall’area dell’originario giardino a impianto quadrangolare e di estensione pari circa a quella del fabbricato, e dall’area, a esso retrostante e annessa in seguito alla demolizione dell’antico muro di recinzione, già parte dell’ex convento delle Cappuccine, più tardi destinato a ospedale militare.
(tratto da C. Bonora Previdi, Il giardino di Casa Gonzaga o dell’Abate, in I giardini dei Gonzaga 2018, pp. 331-335)
Proprietà privata, accessibile
{gallery}gallerygiardini/64{/gallery}
Foto Luigi Briselli
La storia di Sabbioneta, luogo d’arte singolare e per molti aspetti unico, è indissolubilmente legata alla figura di Vespasiano Gonzaga, uno dei personaggi più straordinari e al tempo stesso complessi della storia dei rami collaterali della famiglia Gonzaga. Una volta insediatosi, Vespasiano promosse un progetto urbanistico che portò alla trasformazione di un piccolo nucleo fortificato nella capitale esemplare del proprio dominio, dimostrazione del suo status di princeps e forse il tentativo cinquecentesco più evidente di concretizzazione della città ideale.
Furono allora realizzati i complessi monumentali che ancora caratterizzano questo piccolo centro. In particolare nel 1582, in occasione del suo terzo matrimonio con Margherita Gonzaga, sorella di Ferrante II di Guastalla, fu avviata la riqualificazione del Casino del Giardino, complesso edilizio posto sulla piazza d’Armi, fiancheggiato e integrato dalla Galleria degli Antichi e all’epoca dall’Armeria e dalla Rocca demolite poi sul finire del Settecento.
Il basso edificio a due piani, molto allungato in direzione della facciata, con tre portali, di cui solo quello centrale conserva l’originaria struttura marmorea policroma, fu integrato sul retro da un giardino all’italiana, il cosiddetto giardino de la fontana, attribuito al cremonese Bernardino Campi, oggi irreversibilmente alterato nella sua composizione originaria. Un luogo la cui immagine rimanda a uno spazio quadrangolare a impianto geometrico dove due viali tra loro perpendicolari, completati da pergolati con colonne di rovere, scandivano, assieme ai viali perimetrali, la quadripartizione dello spazio interno, dove non è escluso che altri vialetti creassero una ulteriore suddivisione delle quattro aiuole principali, probabilmente delimitate da bordure in bosso, il tutto integrato da fontane, grotte artificiali e giochi d’acqua.
Concepito come spazio privato ed esclusivo il giardino integrava e penetrava gli spazi della residenza in un rapporto contrassegnato anche dalla decorazione del piccolo locale coperto a volta a botte, che dall’atrio conduce al giardino, dove lo spazio dipinto del pergolato di canne fluviali su cui si arrampicano tralci di vite, con pampini, viticci e grappoli d’uva apriva al giardino reale. L’antico sedime del giardino così come il muro di recinzione le nicchie e le tracce delle antiche fontane rimangono oggi a ricordare il disegno di questo esclusivo e prezioso luogo.
(tratto da G. Sartori, Il giardino de la fontana di Palazzo Giardino, in I giardini dei Gonzaga 2018, pp. 407-413)
In parte proprietà pubblica (accessibile) in parte proprietà privata (non accessibile)
{gallery}gallerygiardini/45{/gallery}
Foto Luigi Briselli
Marengo è un piccolo centro abitato posto nel territorio del comune di Marmirolo il cui impianto è l’esito della progressiva espansione dell’originario nucleo dell’antica e omonima corte.
Luogo fortificato posto a difesa di importanti sistemi di collegamento, entrato a far parte nel secolo XI dei possedimenti canossiani e poi donato all’abbazia di San Benedetto in Polirone, nel XV secolo il complesso della corte di Marengo fu concesso a Guido Gonzaga, canonico della cattedrale, protonotario apostolico, commendatario dell’abbazia e quindi suo preposto, e fu istituito il giuspatronato sulla corte goduto fino al 1707 dal medesimo casato. Inglobata tra i beni del patrimonio del ducato, la proprietà, all’inizio del XVIII secolo, passò ai conti di Custoza e da questi, in tempi recentissimi, al Comune di Marmirolo e alla ditta Biocharme Cosmetique.
La corte, il cui impianto è strettamente legato alla particolare conformazione del sito di margine fluviale e ai corsi d’acqua artificiali che ancora oggi ne segnano i limiti, si estende su un’ampia superficie, coincidente con una consistente parte dell’abitato storico. Il palazzo padronale, la cui costruzione è tradizionalmente attribuita al cardinale Sigismondo Gonzaga, e gli altri edifici della corte sono l’esito di progressive trasformazioni compiute principalmente fra il XVI e il XVIII secolo inglobando fabbriche di più antica origine, a cui si aggiunsero consistenti ammodernamenti nel secolo XIX.
Fin dal secolo XVI al complesso, per il quale è ipotizzabile la presenza di maestranze giuliesche, erano legati ampi spazi verdi dedicati a giardino e caratterizzati dalla presenza di una vasta peschiera, ancora presente alla metà del secolo XIX, e di una ghiacciaia oggi ancora esistente.
I giardini e gli spazi verdi attuali sono di fatto una semplificazione di quelli più complessi e articolati della corte gonzaghesca; sebbene il principale asse prospettico, costituito dall’affaccio della loggia rinascimentale sul giardino e sulla peschiera, sia oggi perduto, l’attuale forma delle aree verdi e le magnifiche pergole di glicine, che disegnano in particolare il giardino formale posto fra i due nuclei residenziali della corte, offrono nuovi assi prospettici che richiamano l’orientamento degli originari.
(tratto da L. Valli, I giardini della Corte di Marengo, in I giardini dei Gonzaga 2018, pp. 349-354)
Proprietà privata accessibile
{gallery}gallerygiardini/27{/gallery}
Foto Luigi Briselli
Nella zona meridionale della città, poco lontano da Palazzo San Sebastiano, sorge Palazzo Te, splendida villa suburbana, realizzata tra il 1524 e il 1534 da Giulio Romano per Federico II Gonzaga, considerata gioiello della cultura tardorinascimentale italiana.
L’edificio, di proprietà comunale, è oggi museo e sede del Centro Internazionale d’Arte e Cultura di Palazzo Te; basso e a pianta quadrata, è composto da quattro corpi caratterizzati da facciate decorate a finto bugnato con paraste e colonne d’ordine gigante, disposti attorno a un cortile centrale, e da un vasto giardino retrostante chiuso da un’esedra; spazi e aree verdi ne disegnano l’intorno.
Il complesso si inserisce oggi all’interno del tessuto urbano cittadino; in origine però l’ampia area era un’isola, l’isola del Teieto, circondata dalle acque del lago Paiolo, luogo di svago privilegiato della corte, posto appena fuori dalle mura cittadine a ridosso di Porta Pusterla che ne consentiva l’accesso diretto. Qui la famiglia del principe si recava per diletto e per riposo, spesso accompagnata da ospiti intrattenuti anche da opportunità venatorie. Qui Francesco II creò un vasto complesso rustico con scuderie per i suoi cavalli più preziosi e palazzina padronale poi inglobate nella villa voluta dal figlio Federico come rifugio per il tempo libero, nobile dimora deputata alle feste, alle cerimonie, ai grandi ricevimenti, funzione esemplarmente inaugurata con la fastosa accoglienza dell’imperatore Carlo V nel 1530, a palazzo non ancora ultimato.
Interpretando i gusti e i desideri di Federico II Giulio Romano, artefice unico e geniale, seppe, infatti, coniugare, in modo eccentrico, provocatorio e inaspettato, gli elementi della composizione spaziale e architettonica con gli splenditi cicli decorativi ad affresco, gli stucchi di raffinata fattura, i fregi nella realizzazione di un’opera che, in ossequio all’immagine della villa romana antica reinterpretata dai trattatisti rinascimentali, si accordava al paesaggio circostante. Fin dall’inizio il palazzo e il contesto furono, infatti, visti come un tutt’uno: la progettazione e la decorazione degli ambienti e dei giardini interni furono accompagnate dalla sistemazione del verde sull’intera l’isola realizzando una configurazione ricca e complessa, aggiornata al gusto e alla moda del tempo in un intreccio di soluzioni tipologicamente diverse, dal giardino segreto al labirinto, dagli spazi di rappresentanza alle aree produttive.
Del complesso e articolato sistema di giardini e aree verdi che caratterizzarono l’interno e l’intorno di Palazzo Te oggi si possono ancora leggere sedimi, forme e tracce che ricordano l’antico splendore. Ancora oggi l’imponente Loggia di Davide si affaccia solenne e luminosa sul grande Giardino dell’Esedra, il giardino principale che si sviluppa oltre le peschiere, dove oggi i parterre mantenuti a semplice prato richiamano uno spazio concepito come l’hortus conclusus del Medioevo e del primo Rinascimento, con la diffusa presenza di alberi da frutto tra fiori e verde ornamentale; spazio limitato dall’esedra, realizzata nel corso del XVII secolo quale quinta prospettica ma al tempo stesso cerniera tra lo spazio interno del giardino e le ampie distese circostanti, lungamente godute dalla corte e, successivamente, dai cittadini come ameno contorno della villa.
Ai lati dell’esedra sorgono l’Appartamento del Giardino Segreto, o della Grotta, voluto da Federico come appendice remota della villa dedicata «all’onesto ozio», e quello del Giardiniere dove, seppure modificati, un orto o un giardino cintato sono giunti fino a noi. Nell’Appartamento Segreto in particolare, sorto nei primi anni Trenta del Cinquecento, la loggia, interamente decorata da elementi naturalistici, apre sul piccolo giardino il cui impianto ricalca quello ottocentesco ma restituisce la natura del luogo, di uno spazio dedicato al raccoglimento, alla meditazione, all’arguta citazione di fonti classiche, da condividere con amici intimi e scelti visitatori. L’isolamento tra le mura significava protezione da sguardi esterni, ma non voleva sottrarre il piacere della veduta a chi lo frequentasse. Finte prospettive architettoniche, vedute, figurazioni pittoriche o plastiche di accentuato naturalismo consentivano, infatti, all’occhio di superare le barriere fisiche verso ampi orizzonti, realistici o fiabeschi. La loggia che introduceva con effetto mirabolante nel piccolo spazio segreto di Federico, immetteva anche in una loggetta soprelevata ancora oggi caratterizzata da una serliana dalla quale si potevano contemplare le pittoresche distese dei giardini esterni, oggi in parte scomparsi o profondamente alterati.
(tratto da U. Bazzotti, I giardini di Palazzo Te e dell’isola del Teieto, in I giardini dei Gonzaga 2018, pp. 288-305; P. Carpeggiani, Il labirinto di verzura sull’isola del Teieto, in I giardini dei Gonzaga 2018, pp. 305-307)
Proprietà privata accessibile su richiesta
{gallery}gallerygiardini/04{/gallery}
Foto Luigi Briselli
A pochi km da Mantova, a Pietole (l’antica Andes), dove secondo la tradizione sarebbe nato il poeta latino Virgilio, sorge Corte Virgiliana, un ampio e articolato complesso architettonico, ancora sede di un’importante azienda agricola e modello di corte rurale gonzaghesca.
La corte si presenta come un imponente organismo articolato in vari corpi di fabbrica attorno a due ampi cortili comunicanti, difesa da torri passanti e da muri di cinta; erano presenti, infatti, oltre agli edifici residenziali, tutte le fabbriche necessarie al funzionamento di una grande azienda agricola per l’allevamento di pregiate razze equine.
Tra le dimore suburbane più famose, luogo di rappresentanza e riposo dopo gli impegni di governo, la corte di Pietole poi Virgiliana poteva essere raggiunta anche per via d’acqua, navigando lungo il fiume, sino all’approdo posto a settentrione della stessa. Al duca Guglielmo è attribuita la costruzione delle grandi stalle mentre l’intero complesso fu arricchito da “superbissime fabriche” dal duca Ferdinando. Appartenne ai Gonzaga fino all’inizio del XVIII secolo quando, divenuta piena proprietà della Casa Imperiale, fu venduta ai conti Zanardi e all’inizio del XIX secolo ai nobili Varano da Camerino subendo importanti demolizioni e trasformazioni. Dalla fine del XIX secolo appartiene alla famiglia Boccalari che ha conservato il ricco patrimonio architettonico del complesso, destinandolo in tempi recenti anche ad attività ricettiva e agrituristica.
Del complesso originale restano le meravigliose stalle, il fabbricato adibito ad abitazione e rappresentanza, risalente alla prima metà del Seicento, gli ampi cortili e le aree e gli spazi verdi, di fatto una semplificazione di quelli più complessi e articolati che caratterizzavano la corte gonzaghesca. In particolare l’area compresa tra le stalle, disegnata da quattro parterre mantenuti a semplice prato e che in parte insistono sull’antico sedime, richiama l’impianto del giardino interno alla corte, un tempo integrato da bordure di siepi e piante officinali e da frutto. Non meno interessante il giardino occidentale, delimitato dai corpi residenziali e da una muraglia, ridotto rispetto alle dimensioni dell’area verde originale, che nell’impianto recupera l’impostazione forse già assunta alla fine dell’Ottocento o all’inizio del Novecento, ma con contaminazioni informali risalenti alla seconda metà del XX secolo.
(tratto da C. Togliani, I giardini di Corte Virgiliana (ex Corte di Pietole), in I giardini dei Gonzaga 2018, pp. 197-204).
Proprietà privata
(inserire gallery)
Foto Luigi Briselli
La villa, circondata da campi coltivati e insediamenti agricoli, presenta oggi un aspetto esterno che può ingannare sulle sue antiche origini, frutto di un intervento degli inizi del ‘900. Soprattutto le lunghe terrazze del fronte principale e di quello posteriore, affacciate l’una sul cortile d’onore e l’altra sul giardino, spezzano l’armonioso rapporto fra le logge e le finestre superiori e creano l’effetto ingannevole di una costruzione novecentesca. A riportare alle orgini dell’edificio, sono allora lo straordinario apparato decorativo, in parte ancora nascosto sotto gli intonaci, e la perfetta simmetria e i rapporti geometrici della distribuzione interna. Solo il salone d’onore ha perso parte della sua imponenza con la realizzazione di un solaio che ne taglia l’altezza in due piani.
Centro direzionale di un’ampia tenuta agraria appartenuta dapprima ai Gonzaga, in seguito ai Guerrieri (dei quali rimane lo stemma sulle antiche scuderie che affiancano la residenza), poi ai Buris e infine agli Zanotti, La Motta comprendeva anche le limitrofe Corte Vecchia e Corte Nuova.
Tramite un cortile d’onore con al centro un’aiuola fiorita addossata alla doppia rampa della scala che conduce alla loggia d’ingresso, si accede alla villa, intorno alla quale sorgono in modo ordinato vari edifici: le scuderie, la retrostante serra, la ‘bugadera’, il pozzo e alcune abitazioni di servizio.
L’ampio giardino posteriore, un tempo interamente circondato dal fossato adibito anche a peschiera, occupa una superficie di 12 biolche e presenta oggi un impianto di gusto paesistico. Davanti alla loggia si apre una vasta e luminosa zona prativa centrale, introdotta da due grandi paulonie e da varie specie ornamentali (Magnolia grandiflora, Liriodendron tulipifera e un bel Corylus colurna o nocciolo di Costantinopoli), mentre una serie di boschetti misti, ricchi di tassi, ombreggiano vallette e montagnole disposte ai bordi dell’area. Un’ampia ghiacciaia è nascosta sotto un rilievo schermato dai bambù e sopravvivono, nascosti fra la vegetazione, imponenti esemplari arborei ultracentenari: un gigantesco Celtis australis, un grande fico dalle numerose diramazioni e un frondoso nocciolo, oltre a tre enormi tassi posti nel cortile d’onore.
(Tratto da Marida Brignani, in I giardini dei Gonzaga..., 2017)
Proprietà privata
{gallery}gallerygiardini/84{/gallery}
Foto di Marida Brignani
Al confine ovest dell'abitato di Novellara dirigendosi verso Guastalla lungo la via d'Azelio si trova, sulla destra, il Casino di Sotto, posto tra le prime case del paese a est e la campagna coltivata a nord e a ovest. All'edificio sono connessi circa due ettari e mezzo di terreno, rimanenza della tenuta di venti ettari che apparteneva ai Gonzaga. La proprietà è schermata dalla strada per Guastalla da una siepe di bosso e l'accesso all'edificio, che ha impianto pressoché a "L" e il corpo principale est-ovest caratterizzato da una loggia passante a tre fornici oggi vetrata, avviene tramite un viale delimitato da due filari di platani, che ribatte il tracciato di quello cinquecentesco e scandisce simmetricamente il giardino. I filari, affiancati a ovest da abeti rossi e a est da pioppi cipressini, s'interrompono in corrispondenza della recinzione che dal 1920, quando s'interrò l'originario fossato, delimita il giardino prossimo all'abitazione; oltre il cancello a destra del viale vi è un frutteto e a sinistra un prato con alberi, delimitato verso la campagna da un filare di ippocastani. Di fronte al Casino crescono un cedro del libano, alcuni tassi, dei pini neri e una magnolia quasi centenaria. La facciata nord dell'edificio si apre su un'altra porzione di giardino la cui profondità risulta dimezzata rispetto all'originaria: un prato alberato con due noccioli centenari ai lati della scalinata che sale alla loggia. L'impianto attuale del giardino rispecchia ancora a grandi linee quanto realizzato nel 1910 da un architetto piemontese su committenza della famiglia Lombardini e le successive modifiche degli anni '20. Eletto dai Gonzaga a dimora preferita, il Casino di sotto – già ricordato in alcuni documenti del 1502 e interessato da varie campagne di lavori – era circondato da un'area a giardino con peschiere, scandita da viali delimitati da spalliere e pergolati, statue e vasi di fiori o d'agrumi e, oltre il fossato, da terreni, ricavati dalla bonifica delle valli del Crostolo, in parte a coltivo e in parte a bosco. La perdita dell'assetto gonzaghesco delle aree a verde, già rivisitato nel '700 per volere di Maria Teresa Cibo d'Este, si ebbe nell''800 quando i Raynouard decisero di ridurre a terra coltiva i giardini e i boschi della proprietà.
(tratto da S. Torresan, Il giardino del Casino di Sotto, in I giardini dei Gonzaga 2018, pp. 459-461)
Proprietà privata
{gallery}gallerygiardini/83{/gallery}
Foto di Marida Brignani
A circa mezzo chilometro a sud di Novellara, percorrendo la Strada Provinciale 3, sulla destra si vede il così detto Casino di Sopra o di Bell'aria, oggi circondato da una tenuta di un ettaro e mezzo derivata dal ridimensionamento dell'originaria. L'edificio dai caratteri cinquecenteschi, caratterizzato all'epoca della costruzione da quattro torri angolari oggi ridotte a due, con i rustici che lo affiancano sorge in un'area ancora sostanzialmente rurale, e pur non essendo più isolato come in origine, essendosi sviluppata sulla sinistra della provinciale un'area industriale, si mantiene fisicamente separato dall'area costruita, anche grazie alla presenza del canale di bonifica risalente al 1930 che divide la proprietà dalla strada. Il giardino attuale impiantato a inizi Novecento e risistemato intorno agli anni '50 è caratterizzato da due prati alberati disposti di fronte all'ingresso principale del Casino, attorniato da piante; vi sono alcune querce databili al primo Novecento, dei tassodi, dei tassi, un ippocastano e una sofora. Il perimetro esterno del giardino è segnato da un roseto di varietà antiche e rustiche. Sull'asse del portale d'ingresso alla residenza oltre il giardino sono stati piantati, a ripristinare la prospettiva dell'antico viale di accesso, due filari di giovani gelsi che si estendono sino al canale; il suo scavo nel 1930 portò allo smantellamento dell'antico accesso alla proprietà, a nord e a sud del quale all'epoca sorgevano ancora l'oratorio di San Lorenzo e la casa del custode collegati da una loggia, oltrepassata la quale aveva avvio il viale. Il complesso, composto dalla residenza e da numerosi rustici, fu costruito su committenza della moglie del conte Alessandro Gonzaga di Novellara, Costanza da Correggio, tra il 1541 e il 1542. L'insieme era completato, come risulta da una descrizione del 1595, da circa cinque ettari di aree verdi: giardini, frutteti, orti, boschetti, scanditi da viali fiancheggiati da colonne, pilastri, spalliere o pergolati e ornati al loro incrocio da piccoli padiglioni a cupola, con peschiere, un ninfeo, una fontana e uno spazio scenico; una riserva di caccia e terreni a coltivo. Dell'impianto originario oggi non rimane nulla, se non alcune tracce del sedime.
(tratto da S. Torresan, Il giardino del Casino di Sopra o di Bell'aria, anche di San Lorenzo, in I giardini dei Gonzaga 2018, pp. 456-459)