Proprietà privata, accessibile
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Foto Luigi Briselli
La storia di Sabbioneta, luogo d’arte singolare e per molti aspetti unico, è indissolubilmente legata alla figura di Vespasiano Gonzaga, uno dei personaggi più straordinari e al tempo stesso complessi della storia dei rami collaterali della famiglia Gonzaga. Una volta insediatosi, Vespasiano promosse un progetto urbanistico che portò alla trasformazione di un piccolo nucleo fortificato nella capitale esemplare del proprio dominio, dimostrazione del suo status di princeps e forse il tentativo cinquecentesco più evidente di concretizzazione della città ideale.
Furono allora realizzati i complessi monumentali che ancora caratterizzano questo piccolo centro. In particolare nel 1582, in occasione del suo terzo matrimonio con Margherita Gonzaga, sorella di Ferrante II di Guastalla, fu avviata la riqualificazione del Casino del Giardino, complesso edilizio posto sulla piazza d’Armi, fiancheggiato e integrato dalla Galleria degli Antichi e all’epoca dall’Armeria e dalla Rocca demolite poi sul finire del Settecento.
Il basso edificio a due piani, molto allungato in direzione della facciata, con tre portali, di cui solo quello centrale conserva l’originaria struttura marmorea policroma, fu integrato sul retro da un giardino all’italiana, il cosiddetto giardino de la fontana, attribuito al cremonese Bernardino Campi, oggi irreversibilmente alterato nella sua composizione originaria. Un luogo la cui immagine rimanda a uno spazio quadrangolare a impianto geometrico dove due viali tra loro perpendicolari, completati da pergolati con colonne di rovere, scandivano, assieme ai viali perimetrali, la quadripartizione dello spazio interno, dove non è escluso che altri vialetti creassero una ulteriore suddivisione delle quattro aiuole principali, probabilmente delimitate da bordure in bosso, il tutto integrato da fontane, grotte artificiali e giochi d’acqua.
Concepito come spazio privato ed esclusivo il giardino integrava e penetrava gli spazi della residenza in un rapporto contrassegnato anche dalla decorazione del piccolo locale coperto a volta a botte, che dall’atrio conduce al giardino, dove lo spazio dipinto del pergolato di canne fluviali su cui si arrampicano tralci di vite, con pampini, viticci e grappoli d’uva apriva al giardino reale. L’antico sedime del giardino così come il muro di recinzione le nicchie e le tracce delle antiche fontane rimangono oggi a ricordare il disegno di questo esclusivo e prezioso luogo.
(tratto da G. Sartori, Il giardino de la fontana di Palazzo Giardino, in I giardini dei Gonzaga 2018, pp. 407-413)